Ascoltare i Beirut è un’esperienza unica. La prima volta (come si può non amare Elephant Gun?) oserei dire quasi sconvolgente o almeno così toccante da rimanere senza parole. Il fantastico mix di scatenati ritmi balcanici, caldi fiati messicani e originale canzone d’autore francese mi apre il cuore e quando li ascolto non faccio altro che immagazzinare sensazioni di grande gioia piacevolezza.
Tutto nasce dal genio di Zach Condon, giovane davvero molto interessante e soprattutto di puro talento. E’ lui che decide, per questo The Rip Tide, di svincolarsi dal mercato discografico fondando una propria etichetta discografica.
L’album, seppur più malinconico rispetto ai precedenti, non perde il collegamento con l’Europa e il Messico dai quali Zach attinge e trae ispirazione da sempre prediligendo in ogni sua composizione la dimensione corale e bandistica. Il piacere delle melodie pop folk etniche si unisce agli struggenti ottoni messicani, la fanfara completa l’opera e mi lascia nuovamente senza parole.
Ecco The Rip Tide, terzo disco dei Beirut.
[ezcol_1half id=”” class=”” style=””]Tracklist
- A Candle’s Fire
- Santa Fe
- East Harlem
- Goshen
- Payne’s Bay
- The Rip Tide
- Vagabond
- The Peacock
- Port of Call[/ezcol_1half] [ezcol_1half_end id=”” class=”” style=””][/ezcol_1half_end]